Biblioteca di Alessandria d’Egitto

La Biblioteca di Alessandria fu fondata dai Tolomei, una dinastia greco-egizia che trae le sue origini, nel 305 a.C., da uno dei “diadochi” di Alessandro Magno. È probabile che l’ideazione della biblioteca sia stata di Tolomeo I Sotere[2], che fece edificare anche l’annesso tempio delle Muse, il Museo. La biblioteca fu arricchita nel tempo tra IV e I secolo a.C.

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Questo fatto sarebbe comprovato dalla Lettera di Aristea[3], la quale attribuisce l’iniziale organizzazione della biblioteca a Demetrio Falereo, amico di Teofrasto e allievo di Aristotele, la cui biblioteca sarebbe servita da esempio per l’ordinamento di quella di Alessandria.

Secondo le fonti, Demetrio fu cacciato da Tolomeo II (figlio di Tolomeo I) all’inizio del suo regno ed è quindi probabile che i lavori di costruzione della biblioteca iniziarono già sotto Tolomeo I.

Sicuramente è da attribuire al Filadelfo l’impulso dato all’acquisizione di opere, soprattutto con il cosiddetto “fondo delle navi”. Questa raccolta deve il suo nome al fatto che, secondo un editto faraonico, tutti i libri che si trovavano sulle navi che sostavano nel porto di Alessandria dovevano essere lasciati nella biblioteca in cambio di copie.

Da ricordare che fu in questo periodo (III secolo a.C.) che fu intrapresa la traduzione in greco dell’Antico Testamento che era scritto in ebraico, e che divenne nota come Septuaginta o “Bibbia dei Settanta”.

Al tempo di Tolomeo III dovevano esistere già due biblioteche: la più grande, all’interno del palazzo reale, era adibita alla consultazione da parte degli studiosi del Museo, mentre la seconda, più piccola e destinata alla pubblica lettura, si trovava all’esterno della corte, nel tempio di Serapide, il “Serapeum”.[1]

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Si presume che al tempo di Filadelfo i rotoli conservati nella biblioteca maggiore fossero circa 490.000, mentre quelli della biblioteca del Serapeo ammontavano a circa 42.800.

L’esatta consistenza libraria della Biblioteca di Alessandria, come anche il numero degli autori dei libri, è sconosciuta, dato che molti rotoli potevano contenere più opere e molti di questi potevano essere duplicati.

Il primo direttore della biblioteca fu Zenodoto di Efeso, famoso per l’edizione critica dei poemi di Omero ed al quale si deve la sistemazione in ordine alfabetico del patrimonio librario.

La prima catalogazione delle opere contenute nella biblioteca si deve forse a Callimaco di Cirene, invitato da Tolomeo I ad unirsi al circolo di intellettuali della corte alessandrina.

La sua grande opera, i Pinakes o «Tavole delle persone eminenti in ogni ramo del sapere con l’elenco delle loro opere», è probabilmente una versione dell’elenco per categorie redatto per il catalogo della biblioteca reale.

Dopo la direzione di Apollonio Rodio, nella seconda metà del III secolo a.C. fu a capo della biblioteca il grande geografo Eratostene, che, a differenza dei predecessori, contribuì all’aumento dei trattati di ambito scientifico.

Fu comunque nella prima metà del II secolo a.C. con Aristofane di Bisanzio ed Aristarco di Samotracia che la lessicografia e la filologia alessandrina toccarono l’apice della loro fortuna.

Dopo la metà del II secolo le complesse vicende interne e i disordini sociali non permisero ai Tolomei di proseguire la politica culturale dei predecessori e la Biblioteca ed il Museo persero progressivamente il ruolo che avevano ricoperto in passato.[1]

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